Le persone che perdono il lavoro involontariamente hanno diritto alla NASpI. Tale prestazione spetta anche alle donne incinte? Ecco la verità.
La NASpI è l’indennità di disoccupazione che spetta ai dipendenti che hanno perso il lavoro in maniera involontaria.
Ma cosa succede se le donne che percepiscono il sussidio rimangono incinte? Il dubbio sorge perché in gravidanza viene riconosciuta un’altra tipologia di beneficio, la cd. indennità di maternità. Tale prestazione è erogata dall’INPS durante i 5 mesi di astensione obbligatoria dal lavoro.
Le regole, tuttavia, cambiano a seconda che lo stato di disoccupazione intervenga prima o nel mentre della maternità. Analizziamo nel dettaglio le diverse ipotesi.
Per legge, alle lavoratrici dipendenti incinte spetta un periodo di congedo di 5 mesi, pari al periodo di astensione obbligatoria dal lavoro.
Le interessate possono scegliere di interrompere l’attività nei due mesi antecedenti la data presunta del parto e nei tre mesi successivi. Possono, tuttavia, decidere di ritardare l’assenza di un mese prima della data presunta del parto e, dunque, prolungare il congedo per i quattro mesi successivi ad esso.
La data in cui si sceglie di cominciare il congedo obbligatorio è fondamentale per la NASpI, anche perché con il congedo di maternità inizia il cd. periodo protetto, ossia il lasso di tempo durante il quale vige il divieto di licenziamento della lavoratrice incinta.
Se la dipendente rimane incinta mentre sta già usufruendo della NASpI perché disoccupata, l’indennità di disoccupazione viene momentaneamente sospesa e sostituita con l’indennità di maternità, per i 5 mesi del “periodo protetto“. Al termine dei 5 mesi, viene ripristinata la NASpI.
Nel caso in cui, invece, si perda il lavoro durante la gravidanza, si ha diritto all’indennità di maternità solo se tra l’inizio della sospensione dell’attività lavorativa e quello del periodo protetto sono intercorsi al massimo 60 giorni.
Se, infatti, lo stato di disoccupazione è precedente a tale termine, l’indennità di maternità può essere ottenuta solo richiedendo prima la NASpI e beneficiando della relativa sospensione per la gravidanza.
Ricordiamo, inoltre, che, in generale, le dimissioni volontarie non permettono il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione. Tale regola viene, tuttavia, derogata proprio in caso di gravidanza.
Se, infatti, la lavoratrice presenta le dimissioni nel “periodo protetto“, si preserva il diritto alla NASpI, a condizione che la risoluzione del contratto lavorativo sia valutata dall’Ufficio Territoriale per il Lavoro. La percezione della NASpI è garantita, infine, anche nel caso in cui le dimissioni volontarie siano presentate entro il primo anno di età del bambino.
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