Allarme inquinamento, questi vestiti non vanno comprati assolutamente, lo studio

I vestiti che compriamo sono altamente dannosi per l’ambiente e spesso non lo sappiamo nemmeno, ecco la verità.

Siamo portati a credere che scegliere tessuti naturali faccia bene all’ambiente, ma da una ricerca emergono dati scioccanti.

inquinamento vestiti di cotone
Forse non tutti sanno quale sia il vero impatto ambientale dei vestiti – Cityzen.it

Alzi la mano chi, durante un acquisto, non predilige una t-shirt in cotone piuttosto che realizzata con un materiale sintetico. Molte persone credono che i tessili naturali, e quindi oltre al cotone anche il lino, la pelle, la lana o la seta, siano qualitativamente migliori e anche più sostenibili.

Ebbene, Altroconsumo ha indagato più a fondo e ciò che è emerso deve far riflettere attentamente; poi grazie a una nuova consapevolezza i consumatori possono fare scelte migliori, soprattutto per il bene del Pianeta.

Inquinamento, sapevi che i tessuti naturali sono più dannosi del nylon? Ecco perché

Riuscire a calcolare l’esatto impatto ambientale della produzione di capi d’abbigliamento è molto complicato, ma possiamo tenere in considerazione alcuni fattori fondamentali.

allarme inquinamento da tessuti naturali
Quando facciamo shopping dovremmo sapere qual è l’impatto ambientale delle nostre scelte – Cityzen.it

Quando pensiamo ai tessuti naturali immaginiamo che siano anche sostenibili, proprio perché “naturali”. Di contro, alla dicitura “sintetico” associamo immediatamente un prodotto che fa male all’ambiente. La verità, però, è un’altra.

I materiali naturali come cotone, pelle, seta, canapa e altri, impattano sull’ambiente a causa delle coltivazioni o degli allevamenti, e quindi si ha ampio consumo di risorse idriche e anche di fertilizzanti. Non dimentichiamoci poi che le materie prime vengono poi lavorate, andando a consumare energia. I tessuti sintetici, d’altro canto, sono associati all’estrazione del petrolio, al consumo di energia, all’uso di sostanze chimiche e agli scarichi.

Per riuscire a calcolare il vero impatto sull’ambiente dei vari tipi di fibre, i ricercatori hanno sviluppato dei “modelli di calcolo”, andando a considerare una serie di fattori. Come spiegato da Altroconsumo, la rivista dei consumatori, sono stati presi in considerazione 18 diversi materiali tessili, inerenti maglie e pantaloni.

Tra i numerosi indicatori di impatto ambientale, sono cinque quelli più importanti, in quanto insieme costituiscono il 70% degli impatti totali: l’incidenza sul riscaldamento globale, il grado di tossicità per l’uomo, il consumo di suolo, l’uso di risorse non rinnovabili e il consumo di acqua.

Dopo aver valutato attentamente tutti i fattori, gli esperti sono arrivati alla conclusione che i capi realizzati con tessuti sintetici sono più sostenibili degli altri. Sul podio troviamo il nylon riciclato al 100%, tanto che è stato preso in considerazione come termine di paragone per gli altri tessili. In sostanza:

  • una maglia in poliestere deve essere indossata 50 volte in più per essere sostenibile come il nylon riciclato;
  • una maglia in elastan 31 volte in più
  • PVC 1 anno in più
  • poliestere 1 anno e 2 mesi
  • canapa 1 anno e 9 mesi
  • la pelle naturale 23 anni e 9 mesi, e indossata oltre 1000 volte in più
  • seta 16 anni e 3 mesi
  • cotone 4 anni e 2 mesi
  • cotone biologico 2 anni e 5 mesi
  • denim 4 anni
  • denim biologico 2 anni e 5 mesi

Ecco che, sapendo quanto evidenziato dagli esperti, quando acquistiamo dei capi d’abbigliamento nuovi dobbiamo prendere in considerazione anche e soprattutto l’impatto ambientale che generiamo.

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